Può l’alimentazione influire sulla aggressività del cane???

Da alcuni anni non quotidianamente (per fortuna) ma con una buona frequenza, in media un caso al mese, mi capita di incontrare un proprietario che mi fa domande riguardo l’aggressività del proprio cane, alcuni con preoccupazione altri con a mio malgrado velato compiacimento.
Prima di proferire parola mi sottopongo ad un profondo esami di come io stesso viva il cane che mi viene sottoposto, cerco nel mio animo di interrogarmi sul motivo che porta il soggetto stesso a manifestare “aggressività” a come risuoni in me quel determinato comportamento.
Nove volte su dieci vi è una non adeguata gestione del cane da parte del prorpietario, questo fomenta e non inibisce lo stato di eccessiva eccitazione dello stesso che dà sfogo a tutto un sistema di comportamenti che definiamo aggressivi.
Quello che maggiormente mi preoccupa sta nel riscontrare in soggetti sempre più giovani dei comportamenti asociali intraspecifici definibili di aggressività interprecifica come se tali soggetti (cuccioli di pochissimi mesi) non fossero doppiamente impregnati sul cane e sull’uomo ma solo su quest’ulitmo… Mentre a sentire i proprietari sono essi cuccioli che vivono con altri cani ai quali sono legati anche da legami parentelari stretti.
A questo proposito mi interrogo su cosa siano questi comportamente, sul perché ci siano e sul come si possano correggere, attenuare, eliminare (?).
In prima istanza mi confronto con altri professionisti e mi rimetto a studiare…

Stephen Budiansky – “L’indole del cane” – Raffaello Cortina Editore

“Per motivi di ordine pratico, i terapeuti comportamentali (molti dei quali sono veterinari che hanno fiutato le enormi potenzialità di questo business emergente) hanno tentato di schivare il problema di trovare una spiegazione all’aggressività, trincerandosi dietro a termini intenzionalmente elusivi come “disturbo”, “trattamento”, “terapia”. E’ una mossa accorta perché evita di dover additare qualcuno come colpevole (padrone, cane, vittima o addirittura la società nel suo insieme). L’aggressività viene perciò presentata come un comportamento assolutamente non normale, ma di cui non si può incolpare nessuno. Ovviamente, per curare il disturbo è indispensabile un “intervento” medico. Ecco il severo ammonimento di Karen Overall, veterinario specializzato in clinica comportamentale: “l’addestramento all’obbedienza, le scuole materne per cuccioli, l’addestramento individuale possono in qualche modo rivelarsi utili (…), ma una volta che il problema si manifesta, tali provvedimenti si rivelano inadeguati succedanei dell’intervento di uno specialista. La maggior parte dei cani affetti da problemi comportamentali non solo non si comporta in modo anormale, ma non è normale, e trattare questi soggetti come se lo fossero, aspettandosi risposte normali a sistemi correttivi sempre più intensi, risulta pericoloso tanto per l’animale quanto per il cliente.” …Il linguaggio utilizzato nella clinica comportamentale veterinaria è attentamente calibrato per rafforzare questo neutrale modello di disturbo nella condotta anomala. Dare un nome a una determinata sindrome è un tacito modo per sottintendere che si tratti di un fenomeno oggettivo, determinato da una causa altrettanto oggettiva: ecco perché i testi di clinica comportamentale traboccano di sindromi ben precise. Ma ciò è tipico della medicina in generale: siamo così abituati a trattare i nomi delle cose come se già ci fornissero una qualche spiegazione, che basta appiccicare un’etichetta a qualcosa perché il paziente sia soddisfatto. Se il nostro medico ci dice che siamo affetti dalla sindrome di Haldanish.Gzorenplatz, di solito ci basta. Ecco allora che gli esperti nella cura dei disturbi comportamentali canini si sono dati un gran daffare per operare meticolose distinzioni tra i vari disturbi che si possono diagnosticare e curare. Nei loro eruditi articoli sull’argomento, gli specialisti elencano una dozzina di tipi diversi di aggressività canina. Tra gli altri citiamo: aggressività competitiva, protettiva, da paura, da dolore, territoriale, tra cani, sessuale, materna, ridiretta, nel gioco, appresa, nervosa, predatoria, idiopatica. (La scelta di idiopatico risulta particolarmente illuminante, dato che, per quanto possa suonare ipertecnico e scientifico, questo termine sta a significare qualcosa “di cui non si conosce la causa”.) Altri Autori operano distinzioni in base al soggetto che subisce l’aggressione: il padrone, un estraneo, un cane conosciuto, un cane sconosciuto. Senza dubbio, i cani hanno reazioni aggressive nei frangenti più diversi; e di certo l’efficacia del trattamento dipende da ciò che ha scatenato tali reazioni in quel particolare cane. Ma queste distinzioni cliniche non sono nulla di più che, appunto, distinzioni, che di per sé non garantiscono una migliore comprensione delle differenze o delle cause biologiche sottese al fenomeno. Un approccio di questo tipo, però, un vantaggio ce l’ha di sicuro: ogni comportamento canino – dal mostrare i denti al ringhiare – implica una diagnosi medica che necessita l’ “intervento” di uno “specialista”. Peccato, però, che non ci aiuti affatto a capire le cause biologiche del fenomeno. Il che equivale a dire che non ci aiuta affatto a capire come poterlo prevenire, né per quale motivo si manifesti in certi soggetti piuttosto che in altri. Da un punto di vista biologico, tutte queste distinzioni risultano assai poco convincenti. Se un cane si mette a ringhiare quando qualcuno si avvicina alla sua ciotola, si parla di “aggressività sul cibo”. Se ringhia perché una persona o un altro cane si avvicina a un suo giocattolo, si parla di “aggressività possessiva”. Sarebbe un po’ come fare dei distinguo nella collera umana: collera indotta da “mancato parcheggio”, “lettura di idiozie sul giornale”, “telefonata all’ora di cena per proporre villetta in multiproprietà in amena località turistica”, “ascolto di conversazione demenziale fra figli adolescenti”. Tali categorizzazioni si rileverebbero del tutto inutili, se il nostro scopo fosse quello di stabilire se la persona andata su tutte le furie fosse un soggetto normale che aveva subito una provocazione che trascendeva ogni soglia di sopportazione; se fosse realmente affetto da gravi turbe psichiche; se non gli fosse mai stato insegnato a tenere sotto controllo la propria collera; o se fosse figlio di due iracondi. Sul piano biologico, la domanda ben più pregnante è se differenti forme di aggressività chiamino in causa canali cerebrali differenti o coinvolgano ormoni o neurotrasmettitori diversi. La stragrande maggioranza dei cani che manifestano molte delle presunte forme differenti di aggressività che ricorrono nelle pletoriche classificazioni degli specialisti – da dominanza, territoriale, competitiva, tra cani, da paura, possessiva – è costituita da maschi sessualmente maturi, e ciò sembra decisamente avvallare l’ipotesi che alla base ci sia un meccanismo comune: il livello di testosterone. A ulteriore riprova di ciò, si è osservato che, di norma, nei castrati l’incidenza è notevolmente inferiore: i castrati sono molto meno soggetti a queste forme di aggressività ai danni di esseri umani o di altri cani, finalizzate alla difesa del territorio, all’affermazione sociale, all’accesso al cibo o ad altri beni. Parimenti, si è scoperto che i cuccioli di sesso femminile trattati con il testosterone – sia nella fase di gestazione sia dopo la nascita – sono più combattivi delle femmine “normali”. Probabilmente, è superfluo aggiungere che tutte le forme di aggressione contro i membri del proprio gruppo hanno la medesima origine biologica. E altrettanto è superfluo aggiungere che tali aggressioni rientrano nel kit comportamentale congenito del cane. Parlare di un cane affetto da “aggressività comportamentale” non ha più senso di quanto ne avrebbe parlare di un cane affetto “da coda”. Chiaramente, ciò non significa che le code dei cani non siano molto diverse tra loro: alcuni hanno una coda davvero ingombrante. Gli esperimenti hanno dimostrato (almeno per quanto concerne altre specie di mammiferi, in particolare i topi) che l’aggressività sociale è un tratto genetico e al tempo stesso quantitativo. Si possono avere soggetti particolarmente propensi a manifestare un certo livello di aggressività verso i loro simili. In altre parole, molti dei comportamenti aggressivi comunemente osservabili nei cani non hanno un’origine patologica: dipendono semplicemente dalla loro natura, ma possono variare drasticamente da un individuo all’altro, su una scala continua che è geneticamente controllata. Esistono due tipi di aggressività che non risultano legati né al genere né agli ormoni sessuali, perciò è probabile che dipendano da meccanismi biologici piuttosto differenti. L’atto di mordere per paura è la tipica reazione difensiva dell’animale che si sente con le spalle al muro, e nei cani sembra che la castrazione non abbia alcun peso. Anche il comportamento predatorio è essenzialmente diverso dall’aggressività tra specie diverse, e anch’esso non risulta influenzato dalla castrazione né dal sesso. A rigor di termini, in questi casi non si potrebbe parlare di vera e propria aggressione: si tratta solo di trovare qualcosa da mangiare, e il lupo o il cane che si apposta e poi morde la preda non va incontro agli stessi picchi ormonali o ai medesimi impulsi nervosi di quello che ringhia contro un suo compagno o che mette in fuga il postino. Gli esperimenti riproduttivi nei topi hanno mostrato che l’aggressione sociale e il comportamento predatorio sono regolati da geni diversi: si possono produrre cavie socialmente belligeranti ma poco motivate nella caccia, e viceversa.” (Stephen Budiansky – “L’indole del cane” – Raffaello Cortina Editore)

Ma allora cosa centra il cibo?

Cercando di interpretare il problema non solo al suo sintomo ma soprattutto ai prodromi cerco di affrontare la questione partendo da lontano, dalla biologia e da tutto ciò che può condizionare il comportamento… Essendo ecco una conseguenza di attivazione (a seguito di stimolazione) di strutture nervose corticali e sub corticali comunicanti anche per mezzo di sostanze, molecole chiamate neurotrasmettitori in prima anlisi mi sembra corretto prendere in considerazione l’aspetto chimico endogeno assieme a quello genetico, del quale parlerò in seguito.

Proteine, aggressività, Triptofano e Serotonina
 
Pochi sono a conoscenza del fatto che l’alimentazione influsce sul comportamento.
E’ abbastanza risaputo che la SEROTONINA, un neurotrasmettitore, abbia effetti sull’umore e sul sonno. Un’elevata produzione di serotonina agisce sul sistema nervoso centrale dando un senso di “benessere”, mentre uno scarso livello di serotonina porta ad un aumento dell’aggressività.
La serotonina è un composto organico azotato che deriva dal TRIPTOFANO, un amminoacido, presente dunque nelle proteine.
Apparentemente nel cane, un’alimentazione molto ricca di carne (quindi anche di triptofano) dovrebbe comportare un’elevata produzione di Serotonina, invece non è così.
Un’alimentazione altamente proteica  provoca nell’ encefalo una diminuzione del neurotrasmettitore serotonina (5-idrossitriptamina)  perchè in realtà avviene che, dopo un pasto ricco di proteine animali,  si ha un aumento di vari aminoacidi (tirosina, leucina, etc.) più abbondanti del triptofano e che utilizzano gli stessi “carriers“ per attraversare la barriera emato-encefalica. In questo modo il triptofano è sfavorito ed il tasso di serotonina si abbassa.
In un animale come il cane che pur essendo domestico, deriva da predatori, l’aggressività è un importante fattore adattativo in quanto stimola la conquista di cibo e la difesa del territorio, quindi questo meccanismo sarebbe “biologicamente corretto”, tuttavia i nostri cani non hanno bisogno di essere territoriali e aggressivi quindi è opportuno pensare ad un’alimentazione che permetta un maggiore assorbimento di Triptofano.
Un modo per aumentare l’assorbimento di Triptofano e quindi la produzione di Serotonina è l’assunziona di carboidrati.
Se il cane ingerisce anche carboidrati, questi stimolano la produzione di insulina da parte delle cellule del pancreas. L’insulina rimuove gran parte degli aminoacidi competitori del triptofano ma non quest’ ultimo,  che si  “protegge” legandosi all’albumina. E’ dunque favorita la produzione di serotonina con conseguente aumento di questo neurotrasmettitore a livello degli spazi intersinaptici.
Come abbiamo spesso ripetuto e come è anche risaputo, mais e frumento non sono cerali facilmente digeribili dal cane e sono causa, spesso, di allergie e intolleranze. Ecco quindi confermato che una dieta basata su carne, pesce e uova ma che comprenda anche cerali digeribili come riso, milo o avena, si conferma la migliore anche dal punto di vista comportamentale.
Per concludere con dei dati scenitifci, riportiamo i risultati di uno studio che ha messo in relazione diete iperproteiche e comportamento.
Scelta del Pet Food – Dieta e comportamento con cani e gatti
Effetto del contenuto proteico della dieta sul comportamento nei cani.
NH Dodman, Reisner I, L Shuster, Rand W, Luescher UA, Robinson I, Houpt KA.
Dipartimento di Chirurgia, Facolt… di Medicina Veterinaria, Tufts University, North Grafton, MA 01536, USA.

OBIETTIVO Determinare l’effetto che diete contenenti una bassa (17%), medio (25%), o alta (32%) percentuale proteica avrebbe sul comportamento nei cani.
Studio controllato. ANIMALI – 12 cani con aggressività da dominanza, 12 cani con iperattività, 12 cani con aggressività territoriale, e 14 cani di controllo senza problemi comportamentali.
PROCEDURA
I cani sono stati alimentati con ciascuna delle diete per un periodo di 2 settimane, e i proprietari sono stati incaricati di segnare il comportamento dei loro cani su una base quotidiana.
RISULTATI Il comportamento dei cani dei cani con iperattività e dei cani di controllo è rimasto invariato dalle manipolazioni dietetiche. L’aggressività territoriale è stata significativamente ridotta quando i cani sono stati alimentati con la dieta a basso o medio contenuto di proteine. L’analisi post hoc ha indicato che questo effetto è da attribuire ad una marcata riduzione dell’aggressività in un sottogruppo del gruppo (n = 7), in cui l’aggressività territoriale è il risultato della paura.

… FINE PRIMA PARTE